EDEN ON DEMAND – CHIOSTRO BRAMENTESCO CAM GARIBALDI MILANO
Testo critico di Jacqueline Ceresoli
Progetto di Manuela Carrano
Manuela Carrano, Angelo Caruso, Cristina Ruffoni, Jean Sadao, Antje Stehn condividono un sogno, una promessa, una speranza di felicità qui e adesso per domani nel giardino del Chiostro bramantesco C.A.M. Garibaldi a Milano (Centri di Aggregazione Multifunzionale Municipio 1), dove tra sculture polimateriche, installazioni anche sonore, forme, parole e poesie si attraversa un Eden dell’impensabile ritrovato nel segno metaforico dell’arte.
Manuela Carrano, poliedrica artista, lavora in bilico tra naturale e artificiale, rigenerazione post umanistica, anima il giardino con sagome a forma di uovo, pesce, fichi d’India e altro ancora, sorvegliato da un cane, mentre le silhouette di Adamo ed Eva vagano nel nulla eterno. In questo paradiso trasfigurato, reale e immaginario insieme, spiccano come miraggi nel deserto tre fiori giganti (Alba Maxima, Alchymist, Berenice) realizzati con materiali di scarto. Più di mille foglie dorate rivestono un albero preesistente simbolo della vita, di adattamento, di rinascita e conoscenza. L’oro per Carrano indica una rigenerazione umanistica e culturale, scelto come simbolo, allusione di una irraggiungibile sfera celeste in un luogo urbano, dove l’uomo e la natura coltivano l’armonia di vivere in pace. L’oro è un materiale protagonista nei capolavori dal medioevo a oggi dal potere alchemico, che rappresenta il non reale, la dimensione del sacro, citato già nell’Antico Testamento. Nella Bibbia l’Eden è un giardino bagnato da un fiume che si divide in quattro rami, dove c’è oro. L’oro fu uno dei doni portati dai Magi a Gesù, mentre nel Buddhismo è uno dei sette tesori e viene equiparato alla fede o alla retta convinzione. A Milano l’altare di Vuolvinio, nella Basilica si Sant’Ambrogio, è interamente ricoperto di lastre in oro massiccio, mentre le opere dorate di Carrano nel chiostro bramantesco sagomano domande e l’urgenza di una città giardino da abitare nella convinzione e costruzione di un futuro migliore.
Angelo Caruso, urban artist, situazionista-pacifista attivo e impegnato nel sociale, promotore di una estetica beuysiana, tessitore di relazioni tra differenti etnie e religioni, centro e periferia, organico e naturale oltre i confini culturali. Il suo Fluid Rainbow, una scultura sinuosa realizzata per questa mostra con 1500 rametti colorati con i colori dell’arcobaleno raccolti al parco Lambro di Milano e a Castagno d’Andrea (Firenze), dove insieme con altri artisti condivide interventi di arte ambientale, opere site-specific realizzate con materiali organici incastonate in un straordinario paesaggio fiabesco. Il suo arcobaleno sui generis non svetta nel cielo azzurro, ma poggia sul giardino verde, fiorisce in Terra nel chiostro bramantesco e si snoda come un serpente nello spazio circostante per tracciare un sentiero di un cambio di paradigma nella storia della civiltà moderna, perché il nostro futuro dipende dall’uso che faremo del progresso. E’ un’ opera illuminante sulla nostra “Grande cecità”, direbbe Amitav Ghosh, scrittore indiano che denuncia gli effetti del cambiamento climatico. L’opera di Caruso rimanda a una riflessione di Nietzsche quando scrive << L’uomo è un animale non ancora stabilizzato>>. E, in questo Eden ritrovato, il suo arabesco ci indica che l’uomo di oggi e domani potrebbe escludere di considerarsi il padrone della Terra, nella consapevolezza che a noi spetta la responsabilità di prenderci la cura di questo Pianeta, l’unico abitabile fino ad ora, seppure già agonizzante.
Cristina Ruffoni da anni coltiva la poesia visiva, lavora sulle relazioni tra parole e immagini e utilizza testi di sua invenzione come “scultura” del pensiero stampate su paraboliche, scudi o aquiloni, forme realizzate con materiali inusuali, che ci invitano a ripensare come, dove e perché dovremmo cambiare paradigma per superare l’Antropocene. L’artista in questo giardino del cambiamento possibile si materializza attraverso opere che segnano il passaggio dall’ignoranza alla conoscenza. Dopo le sue iperboliche Parabole stellari, Ruffoni propone sculture da leggere come una pagina di un libro fronte e verso, quali promemoria caratterizzate da frasi anche in forma invettivale che uniscono segno, significato, colore con l’obiettivo di creare un linguaggio immaginato dalla poetica energia evocativa. Scrive Ruffoni sul fronte di una parabolica: <
Jean Sadao di origini giapponesi, videoartista nato e cresciuto a Milano, coniuga cinema, teatro, performance e ricerca sonora che mette al centro della sua ricerca l’indagine sull’identità in connessione tra uomo e natura , smaterializzato nella complessità del nostro tempo, in cui l’individuo sembra un automa in balia di scenari globalizzati. Dal 2011 ha fondato una piccola casa di produzione indipendente specializzata in film sperimentali, videomusicali, cortometraggi e opere di tecnica audiovisiva, in cui la componente sonora è determinante. Per la mostra Sadao ha realizzato Risonanze eversive, una installazione sonora da ascoltare nel giardino affacciato su Corso Garibaldi, cuore rigenerante della vecchia Milano, un richiamo suadente e ipnotico come il canto delle sirene per Ulisse. Passeggiando nel giardino del CAM si odono emissioni vocali come il rumore labiale seguito da sibilo (psss psss) un modo infantile per attirare l’attenzione di qualcuno su qualcosa, la voce gutturale, falsetti, schiocchi e altre intermittenze sonore imbarazzanti per gli adulti, come a ricordarci i bambini che siamo stati in un metaforico Eden d’infanzia nell’età dell’innocenza, autenticità, presi non dal consumare esperienze, rapporti come se fossero merci ma dall’incanto di un mondo ancora tutto da scoprire. Il titolo ironicamente sottolinea l’imbarazzo che l’adulto prova nell’emettere suoni non convenzionali o parole senza significato: è un invito al recupero della spontaneità e del desiderio di paesaggi incontaminati in bilico tra realtà e finzione.
Antje Stehn, artista visiva e poetessa, agitatrice culturale che ha già commosso il mondo con l’opera Capelli al Vento (2022), un’opera collettiva dedicata al coraggio delle donne iraniane e alla loro drammatica lotta di libertà espressiva iniziata con la barbara uccisione di Mahsa Amini, ragazza curda di 22 anni picchiata a morte dalla polizia morale perché non indossava il velo correttamente, da cui fuoriusciva una ciocca di capelli ribelli. L’artista nata a Friburgo (Germania) vive e lavora a Naggio, Lago di Como e a Milano incentra la sua ricerca sul linguaggio poetico e performativo, fluido come il pensiero approfondisce tematiche ambientali e sociali. L’artista produce video, performance, organizza mostre e fa parte del collettivo Poetry is my passion, nel 2020 ha fondato Rucksack, A Global Poetry Patchwork , uno zaino, fatto di bustine di te essiccate affiancate da una esposizione di brevi poesie scritte da più di 250 poeti da tutto il mondo , durante la pandemia Covid. E’ curatrice di “ Milano una città mille lingue” per la rivista di poesia TamTam BumBum e di altre iniziative volte al superamento di differenze di sesso, religione, lingua e cultura, sempre contro la violazione dei diritti umani. Per questa mostra, Stehn con la sua Zattera, composta di noccioli intrecciati con una copertura di cotone reso resistente all’acqua, ancora una volta ci incanta con la sua narrazione contro la colonizzazione e l’imperialismo occidentale. E’ un messaggio per noi spettatori naufraghi, alla deriva dell’umanità che ha un duplice significato, da un lato si pone come l’ultimo appiglio per una generazione futura che trova nella speranza di rigenerazione collettiva salvezza e libertà, dall’altro può essere luogo di dannazione, come per i migranti nel mare Mediterraneo . Nella celebre Zattera della Medusa (1818) di Theodore Gericault, dipinto ispirato a un fatto di cronaca che racconta meglio di mille parole la tragedia senza pari di naufraghi che dopo molti giorni in mare praticarono il cannibalismo. La Zattera di Sthen è un infraspazio, dove non c’è differenza fra usare e essere usati, guardare e essere guardati, vivere e sopravvivere nell’inconsapevolezza di una tragedia imminente, la fine del pianeta Terra che solo l’umanità può salvare nel segno di una riappropriazione poetica e creativa del mondo, all’insegna dell’inaudito e dell’improbabile come può accadere in questo Eden trasfigurato.